Nella vita di tutti i giorni ci si lamenta in continuazione di tutto e per tutto; ci si lamenta delle cose, delle persone, del tempo, della politica, del meteo... La lamentela è la manifestazione di un disappunto, di un rammarico o di un malcontento nei confronti di qualcuno o qualche cosa. Spesso è vista come un’espressione d’insoddisfazione o di risentimento. Quando diventa insistente può trasformarsi in una lagnanza che, a lungo andare, può dare parecchio fastidio.
Il cervello reputa le lamentele di scarso interesse e in presenza di tali manifestazioni stacca la spina e spegne quella parte di neuroni preposti a trovare le soluzioni.
La lamentela a volte è usata per attrarre l’attenzione di chi ci sta attorno e per manifestare un disagio o un malessere interno, in questo caso si parla di lamento interiore. La lamentela vissuta in prima persona o proveniente dagli altri ci toglie energia, ci fa perdere di vista l’obiettivo e spesso mette in risalto la parte egoica di chi si lamenta. Ecco perché ci si stanca molto presto di chi si lamenta.
Un primo passo per smettere di lamentarci è quello di imparare a discernere il mondo dei fatti, dal mondo delle cose. Posso lamentarmi delle cose quanto voglio ma le cose stanno così e le cose non le posso cambiare. Viceversa posso lamentarmi dei fatti ma i fatti li posso cambiare e spesso a mio favore. Possiamo smettere di lamentarci se iniziamo a guardare a quella sofferenza tutta nostra, che c’è sotto quella lamentela, ascoltare il bisogno che alimenta quella sofferenza e appagarlo.
Tratto da "KEY CODE SYSTEM. Il Tempo al servizio dello Spazio" di Giuseppe Cerasoli, ed. EBS PRINT.
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